"Svogliatamente ascoltato - se non sgarbatamente ignorato - su leggi in materia di appalti e corruzione, sebbene grazie a uno dei suoi pochi suggerimenti accolti si sia allontanata la camorra dai lavori del ponte Morandi": così Giuseppe Salvaggiulo riassume sul quotidiano torinese l’ultimo anno del dimissionario presidente dell’ANAC Raffaele Cantone.
Che nell’intervista lascia intendere, neppur troppo sommessamente, di voler tornare in magistratura perché almeno lì potrà fare il suo lavoro.
Cosa che all’ANAC evidentemente non era più possibile, per quel “diverso approccio culturale” - scrive Cantone con soave parafrasi - che considera l’Anticorruzione, e non la corruzione, il problema dell’Italia.
D’altra parte ieri chiunque abbia tenuto accesa la TV anche solo per dieci minuti ha sentito per forza qualche esternazione giubilante sul magistrato, reo di aver bloccato i cantieri di tutta Italia e ora finalmente sconfitto e dimissionario.
Ma lui non voleva bloccare i cantieri.
Voleva bloccare la mafia.
E questo si sa, da noi non è mai troppo apprezzato.