News16 gennaio 2020 14:51

Teardo, Savona e l’oblio

“Savona è come un inceneritore che ingurgita tutto con indifferenza. Un incendio, quantomeno sospetto, si è mangiato in poche ore la sede dell'Autorità portuale e ce ne siamo già dimenticati. Questa è Savona. Una città impermeabile agli scandali, autolesionista, che magari avrebbe preferito lasciare Teardo relegato nell’oblio”: Bruno Lugaro, giornalista vero e già autore de "Il fallimento perfetto", racconta Alberto Teardo e racconta Savona in un’intervista esclusiva sul suo nuovo libro

Bruno Lugaro

Bruno Lugaro

Hammamet non l’abbiamo ancora visto. Ma le polemiche sul film non si sono fatte attendere: viene definito da molti un tentativo di riabilitare Craxi. Pensi che il tuo libro "Teardo, il destino capovolto" potrebbe dare adito a giudizi simili? 

Spero di no. La condotta criminosa del clan Teardo non è in discussione, come è indiscutibile la sofferenza di un uomo recluso in isolamento cento giorni per un reato che il giudice poi non riconobbe, e distrutto dall’opinione pubblica prima ancora della condanna. Io dovevo mantenermi in equilibrio tra le due narrazioni. Credo di esserci riuscito. Di certo volevo tenermi alla larga dalla consueta litania del Teardo demonio e regista di ogni nefandezza. Hammamet non l'ho ancora visto neppure io. 

Hai raccontato il Teardo uomo, e non solo il politico. Dai vostri incontri al bar, per lui a qualsiasi ora a base di the, alle memorie di quell’incriminazione che per Teardo è stata non più e non meno di un assalto politico: in quel 1983, tra Enzo Tortora ed Emanuela Orlandi, Bettino Craxi - “nuovo ciclone della politica italiana” come lo definisci nel tuo libro - nominava il suo primo governo. Fu Craxi un capro espiatorio grazie al quale altri han potuto rifarsi una discutibile verginità? Lo fu Teardo? 

Teardo fu certamente utilizzato come parafulmine in una realtà, quella savonese, nella quale i politici candidi erano davvero pochi. A Craxi toccò più o meno analoga sorte, ma le sue responsabilità erano ben più gravi rispetto a quelle di Teardo: il primo ideò il sistema corruttivo che foraggiava le casse del Psi; il secondo vi si adeguò. 

Da giornalista, che effetto ti fa adesso l’arresto del segretario del PSI savonese rispetto a quando ne hai avuta notizia in quella mattina dell’83?

Nel 1983 non ero ancora giornalista, dunque vissi l'arresto con scarso interesse. Era un politico che finiva in galera. Punto. Negli anni successivi, però, cominciai a pormi delle domande. Ad esempio perché la questione morale sbandierata dal Pci non mettesse in discussione le alleanze con i socialisti ex teardiani, che restarono invece una costante per altri vent'anni. Non puoi fare le crociate contro i socialisti tangentari e poi andarci a braccetto. 

Nel tuo libro c’è la storia di un uomo determinato e di talento in tutto quel che intraprese: dallo sport alle attività del porto appena giunto in Liguria, dal successo nell’attività sindacale alla scalata del PSI, dalle corsie preferenziali con Usa e Israele alla corsa per la guida della Regione. Un uomo che non ha mai abbandonato la sua personale ricerca, compresa quella religiosa. Teardo adesso cerca ancora? E cosa cerca?

Ho conosciuto un uomo dalla personalità complessa, alla continua ricerca di stimoli intellettuali. Un politico abile ma anche spregiudicato, forse non sempre sincero e trasparente. Credo che oggi cerchi solo il calore della famiglia, ascolti la musica lirica che adora e frequenti pochi e fidati amici. 

Poi il crollo: l’arresto, l’accusa per mafia, il carcere duro. Quanto conta la mafia nella tua ricostruzione di quei fatti? 

La mafia, le pericolose amicizie nel ponente savonese, aleggiano intorno a Teardo in vari momenti del mio racconto. Ma nessun investigatore è mai riuscito a dimostrare un accordo organico con il leader socialista, ad esempio per l'attentato alla gru di via Corsi. 

A contorno dell’uomo Teardo, nel tuo libro c’è inscindibile la storia di una città, la nostra, teatro della prima Tangentopoli italiana e con ancora tanti scheletri nell’armadio. Si riuscirà un giorno a riesumarli tutti?

No, anche perché non conviene a nessuno.  

Ci sono i personaggi, ben più che comprimari: il rapporto di Teardo col più celebre tra i savonesi, Pertini, fu sempre controverso. Poi i magistrati: Del Gaudio e Granero. Quanto pesano queste figure nella storia che racconti?

Granero e Del Gaudio furono abili, tempestivi e spietati, mi si passi il termine. I due magistrati hanno un ruolo importante nella storia e Savona deve esser loro riconoscente per aver smantellato il sistema Teardo. Così come molto interessanti sono, a mio avviso, i capitoli del libro nei quali si mette a fuoco il rapporto fra Pertini e Teardo. 

E poi le bombe. Quelle bombe che, forse, erano destinate all’ex ministro Taviani. Perché Teardo fu collegato alla vicenda? 

Non so, francamente, quale possa essere il filo che lega Teardo alla stagione delle bombe. Anche perché nelle ricostruzioni ardite che ho avuto modo di leggere, le date non tornano. Tanto per intenderci, la sua adesione alla P2 avviene parecchi anni dopo gli attentati. 

E infine: cosa ti ha lasciato questo lavoro? 

Mi lascia la soddisfazione di aver concluso un lavoro lungo e complesso al quale mi sono dedicato con passione. Mi lascia un senso di gratitudine verso Teardo per aver ripercorso con me una storia dolorosa per lui e i suoi familiari. Mi lascia la curiosità di vedere la reazione dei lettori. Savona è come un inceneritore che ingurgita tutto con indifferenza. Un incendio, quantomeno sospetto, si è mangiato in poche ore la sede dell'Autorità portuale e ce ne siamo già dimenticati. Questa è Savona. Una città impermeabile agli scandali, autolesionista, che magari avrebbe preferito lasciare Teardo relegato nell'oblio.

http://www.lanuovasavona.it/2019/12/17/leggi-notizia/argomenti/news-1/articolo/teardo-il-destino-capovolto.html

http://www.ninin.liguria.it/2016/02/21/leggi-notizia/argomenti/inchieste/articolo/il-fallimento-perfetto.html

G.S.