News07 marzo 2020 07:25

La salute non è una merce

Oggi si paga il conto alla sbornia neoliberista, oggi 5 o 10mila contagiati su una popolazione di 60 milioni - per cui un 10 o 15% avesse necessità di terapia intensiva - non solo mettono al collasso il sistema sanitario in tutte le regioni, ma producono un effetto di “scelta” sull’urgenza di inumana gravità, mettendo fuori servizio il diritto alla salute di cui tutti siamo portatori

La salute non è una merce

Tanto tuonò che piovve. Anzi siamo nel bel mezzo di una tempesta, una di quelle famose bombe d’acqua che ci mettono in pochi minuti sott’acqua solo che qui non piove qualche ora, ma piove da giorni e non c’è nessuna previsione di bel tempo al contrario, non sappiamo quando finirà e come finirà.

Da decenni Rifondazione Comunista si batte contro la privatizzazione del sistema sanitario nazionale, quello diviso in 21 sistemi, anche grazie alle scellerate modifiche al Titolo V della Costituzione, modifiche intervenute per inseguire le stupidaggini federaliste della Lega Nord, che qualcuno definiva all’epoca una costola della sinistra.

Contro di noi, unici ad opporci, si levavano grida di ogni tipo sulla nostra volontà veterocomunista di centralizzazione statalista.

Così come siamo stati sempre isolati ed esposti alla gogna, ogni qual volta ci si opponeva alla privatizzazione della sanità pubblica, quando da soli si sosteneva la necessità di assumere il personale medico e delle professioni sanitarie, di moltiplicare i presidi territoriali , di cancellare sprechi dovuti ad esternalizzazioni di servizi collaterali, di modificare il sistema di liquidazione delle prestazioni sanitarie (DRG) , di smetterla con le convenzioni privatistiche di chi si arricchisce sulla salute, quando sempre da soli, ci opponemmo  all’intramoenia, e ai famigerati “piani di rientro” dal debito sanitario che si tradussero in enormi tagli dei posti letto, accorpamenti di divisioni specialistiche, della cancellazione di interi ospedali, di riduzione di ben due terzi dei posti letti della terapia intensiva, della destrutturazione di pronti soccorso e anche di speculazioni edilizie la dove c’era un ospedale dismesso. 

Oggi si paga il conto alla sbornia neoliberista, oggi 5 o 10mila contagiati su una popolazione di 60 milioni, e per cui un 10 o 15% avesse necessità di terapia intensiva, non solo mettono al collasso il sistema sanitario in tutte le regioni, ma producono un effetto di “scelta” sull’urgenza di inumana gravità mettendo fuori servizio il diritto alla salute di cui tutti siamo portatori.

L’assessore regionale Viale e il Presidente Toti propongono oggi rimedi alla destrutturazione sanitaria che va avanti da decenni e a cui loro hanno impresso una accelerata enorme, provvedimenti dettati dall’apprensione emergenziale ma ben lungi dall’essere strutturali e di inversione di rotta di cui invece c’è bisogno. 

In primo luogo è necessario abbandonare le privatizzazioni in corso, sia quelle degli ospedali del ponente e non, sia quelle legate ai trasferimenti e gestioni di reparti interni alle strutture pubbliche regionali, quelle dell’affidamento di appalti dei servizi sanitari e collaterali del sistema.

Va immediatamente ricostruita la rete ospedaliera con in incremento dei posti letto, dei reparti specialistici divisionali, e dell’emergenza a partire da quelli di terapia intensiva. Basta con la ragioneria applicata al diritto alla salute, il sistema sanitario regionale  deve tornare ad essere totalmente pubblico senza se e senza ma. Uniformità di regole, di parametri di cura basati su studi epidemiologici e non su numeri economicisti, occorre ridare alla struttura sanitaria l’idea che si è al servizio del diritto universale alla salute e non una “fabbrica” che deve produrre profitto. I provvedimenti urgenti, ( compreso la requisizione di posti letto nelle strutture private) oltre a quelli di fermare il progredire dei contagi, devono essere indirizzati su due assi principali: investimenti sul sistema pubblico sanitario con ricostruzione di specializzazioni territoriali e potenziamento in modo strutturale e permanente di posti letto di cura e di emergenzialità con terapia intensiva in primo piano.

Piano straordinario di presidi sanitari territoriali pubblici con l’assunzione di personale medico e sanitario adeguato e formato in relazione alle specificità epidemiologiche territoriali e questo per potenziare la prevenzione e la profilassi, ma anche per iniziare a rovesciare il sistema per cui si va a premiare il non ammalarsi, piuttosto che incentivare e pagare il percorso di cura con gli eccessi speculativi che ne conseguono.

Recuperiamo il nostro vecchio slogan che è sempre più attuale e rivoluzionario: la salute non è una merce.

Partito della Rifondazione Comunista Federazione di Genova 

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