Comprendiamo che l’Italia repubblicana non ha mai vissuto una situazione del genere, addirittura pensiamo che il povero Conte stia facendo tutto il possibile, compatibilmente con la divergenza di idee che fino a pochi giorni fa caratterizzava il mondo scientifico.
Conte è un avvocato e non un virologo, e per lui - come per noi - il titolo di studio e le responsabilità di chi allarmava e di chi minimizzava erano equivalenti. E lo sono ancora, salvo licenziamenti o revoca delle lauree.
Doveva fare di più, prima?
Probabilmente sì, ma solo adesso possiamo dirlo.
Dovrebbe chiudere ancora?
Secondo noi sì: l’esempio di quel che è avvenuto ieri nel cantiere spezzino di Fincantieri potrebbe ripetersi mille volte, vanificando le altre misure decise in questi giorni.
Siamo abbastanza certi che infine chiuderà anche i siti produttivi, con quella gradualità di cui ha parlato nel suo discorso di ieri sera.
Adesso è emergenza, e tutti dobbiamo utilizzare le energie per fermare il contagio. Quando però l’emergenza sarà passata, Stato e Regioni dovranno render conto di come vengono spesi i soldi delle nostre tasse: quando sarà finita, perché prima o poi finirà - prima, se tutti seguiamo le direttive - i cittadini italiani dovranno necessariamente comprendere che della cosa pubblica dobbiamo occuparcene tutti, nessuno escluso.
E che i soldi pubblici devono essere spesi per quello che serve alla cittadinanza: mai più ospedali senza mascherine, senza letti, senza personale.
Mai più precari, nella Sanità.
Mai più carenze di posti letto per pagare aerei militari e civili, sommergibili e fregate di Fincantieri, inutili dirigenti di inutili enti.
Questa esperienza cambierà tutti noi, deve cambiarci.
Per adesso, pensiamo solo a una cosa: se avessimo l’influenza staremmo a casa, giusto?
Bene, stiamo a casa perché non ci venga.