Gli stabilimenti balneari sono all’aperto, quasi sempre a conduzione familiare, i boschi non ne parliamo.
Il problema però è più ampio: abbiamo sentito Franceschini, vero potente travestito da innocuo passerotto, assicurare che dopo le librerie si riapriranno musei e cinema, teatri e bagni marini (i librai piccoli e indipendenti non l’hanno presa benissimo, ma cosa importa: i piccoli non contano).
Benissimo, per noi: tutta roba che non inquina e fa bene all’anima.
La domanda è quando, e soprattutto come: possiamo prevedere che i viaggi all’estero, anche per chi potrà permetterseli, saranno assai complicati e quindi la riviera ligure potrebbe tornare appetibile anche per un’utenza lombarda e piemontese che negli ultimi anni non ne ha potuto più di bronci, torte di riso e prezzi da urlo.
Dal male insomma potrebbe venire un po’ di bene per una Liguria in cui la crisi economica morde cattiva da molto prima che il coronavirus disintegrasse i progetti e perfino la vita quotidiana di tutto il pianeta.
Bisognerà però garantire la sicurezza di tutti, e non sarà uno scherzo: si spera che le misure di prevenzione saranno migliori di quelle attuate nel cantiere del nuovo ponte sul Polcevera, dove la propaganda ha combattuto con la salute dei lavoratori, e che anziché dissuadere dal rispetto delle norme, definite da Toti inutili cavilli burocratici decisi a impedire la ripartenza della “sua” Liguria, le norme saranno al contrario ben chiare e rispettate.
E possibilmente studiate da qualcuno che non abbia immediati interessi elettorali sulle categorie produttive.