Se tali indiscrezioni verranno confermate, sarà definitivo: della Liguria non importa a nessuno se non a un viareggino che di ligure ha solo residenza e busta paga - come scrisse il buon Osvaldo Ambrosini - anche se è tutto un “noi liguri” e “La Mia Liguria”.
Che rimprovera a Conte le troppe conferenze stampa, lui che ne fa come minimo una al giorno oltre al bombing sui social e a giornali unificati.
Che in Liguria ci metteva anche Novi col suo cioccolato, che si lamenta della mancata giustizia per le vittime del ponte ma che avrebbe gradito l’indegno concertone, salvo poi scaricar la colpa sugli amici di Salini Impregilo (“è un’iniziativa lodevole della grande azienda”, mica sua).
D’altra parte cosa vogliamo pretendere, schiacciati come siamo alla periferia dell’impero: i tavoli romani sembrano interessarsi in modo assai tiepido a questa sottile striscia di terra che porta più guai che gloria tra ponti che crollano, ferrovie dell’ottocento e strade impossibili, soffocata dal cemento e da un’economia agonizzante da ben prima del covid.
E da una buona dose di ‘ndrangheta, ignorata.
Chi la vuole la Liguria?
Meglio stare all’opposizione, al calduccio, senza rischiare di vincere.
Meglio lasciarla a lui, quello del “modello Genova”, quello che risolverebbe tutto azzerando i controlli dell’Antimafia e il Codice Appalti, per non parlare della tutela paesaggistica.
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