Già a Roma contiamo quanto il due di picche nelle giornate normali, figuratevi oggi.
Col governo ai coltelli per il “piano Coalo”, cioè le 121 pagine di libro dei sogni dove si consiglia - manco a dirlo - meno burocrazia e più parità di genere: più digitalizzazione ça va sans dire, poi la solita stupefacente riforma fiscale senza dimenticare l’ineluttabile “semplificazione” del Codice Appalti, che speriamo di non dover tradurre in cancellazione.
E d’altra parte sarebbe stato difficile trovar scritto che la burocrazia va ingrassata, le tasse evase, il potere dato integralmente alle mafie e le donne chiuse in casa con ferri e gomitoli.
Tant’è anche questa sciacquatura di piatti è riuscita a creare pesanti frizioni, con Conte che dice gelido che non è stato lui a far filtrare i contenuti del piano e che si tratta solo di spunti tecnici, e che comunque ora ci pensa lui.
Lesa maestà per il PD che, altra novità mai vista, chiede “un cambio di passo” mentre le due componenti del governo si scannano sottotraccia sul MES e su tutto il resto.
Ecco.
In questa situazione, immaginate quanto gliene può fregare ai tavoli capitolini di dirimere la rissa tra il PD e i 5S nostrani per trovare, a tre mesi dal voto per le regionali, un candidato da contrapporre al Toti.