Ne prendiamo atto con un senso di delusione ed anche di smarrimento rispetto al fatto che le nostre richieste non siano state ascoltate e prese in considerazione dal Governo, che ancora una volta sembra privilegiare i luoghi del commercio e del profitto piuttosto che quelli in cui si offrono occasioni di mutualismo, aiuto e cultura, tema quest’ultimo assente da tutte le conferenze stampa e dal dibattito pubblico.
Siamo consapevoli di essere in un'emergenza sanitaria epocale ma continuiamo a non comprendere norme e provvedimenti che vietano qualsiasi attività svolta nelle nostre sedi, a prescindere della tipologia delle stesse, e senza prevedere regole, obblighi, prescrizioni che ne permettano lo svolgimento in sicurezza.
Si impoveriscono città e paesi di attività e iniziative assistenziali, educative, di vicinanza e di sostegno ai più deboli e fragili delle nostre comunità, proprio nel corso di una crisi anche sociale, in cui sono ancora più accentuate le disuguaglianze e le situazioni di difficoltà.
Perché prevedere una chiusura totale senza nessuna valutazione di merito? Perché ad esempio sarebbe più rischioso bere un caffè in un Circolo Arci rispetto al bar distante pochi metri?
Perché non ipotizzare lo svolgimento di attività sociali e culturali con regole tali da limitare gli assembramenti e prevenire il rischio contagi?
Noi non ci stiamo e continuiamo a chiedere alla politica di ripensare alla normativa che, oltre ad essere palesemente discriminatoria, impedisce di fatto alle nostre basi di poter svolgere un importante ruolo di presidio sociale sul territorio.
Noi non ci stiamo perché il rischio concreto è che molti circoli ed SMS non riaprano più.
Noi non ci stiamo e siamo pronti per ripartire, nel rigoroso rispetto di protocolli e normative per limitare e prevenire la diffusione del virus. Quando la politica vorrà ascoltarci e permetterlo?
La presidenza Arci Liguria