Anzi, a dirla tutta ci leggiamo piuttosto un oscurantismo bigotto e medievale che nega la libera scelta e ignora i sentimenti più intimi e dolorosi: agli innovativi creatori della campagna pubblicitaria di “Pro Vita & Famiglia” forse non è mai accaduto di accompagnare al consultorio una minorenne terrorizzata perché ha fatto un errore, o di consolare un’amica disperata perché ha scoperto di essere incinta ma la sua situazione non le consente di mettere al mondo un figlio.
L’unica voce politica che si è alzata in difesa delle donne sembra finora essere quella di Linea Condivisa, che chiede che il manifesto venga rimosso: “Anche questa è violenza sulle donne” scrivono, e ricordano che questi manifesti oltre a compromettere il diritto all’autodeterminazione “diffondono informazioni false, paragonando la RU-486, farmaco che permette di effettuare l'aborto senza bisogno di ricorrere a un ricovero ospedaliero, al veleno e consolidano stereotipi sessisti secondo i quali le donne sono delle Biancaneve inermi dal vestito bianco, incapaci di scegliere sulla propria vita e sul proprio corpo in maniera cosciente e consapevole.”
L’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), una decisione che difficilmente si prende a cuor leggero, nello Stato italiano è un diritto già troppe volte negato: basti pensare alla percentuale di obiettori di coscienza negli ospedali.
Tanto che il rischio vero, per molte donne magari non ricche, è quello di tornare alle mammane e all’aborto procurato coi ferri da calza, come nei tempi più bui dell’umanità.
All’arma bianca.