Sarà offshore, cioè installato a quattro chilometri di distanza dalla costa, e collegato alla rete di distribuzione del gas con una condotta. Secondo le previsioni, potrà continuare a trattare circa 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno, più o meno il 7 per cento del fabbisogno nazionale.
Una questione complessa che qui si cercherà di analizzare anche attraverso elementi di conoscenza ma che prima di tutto va affrontata sul piano politico:
1) Il trasferimento dell'impianto avviene al di fuori da un qualsiasi discorso di programmazione economica e industriale riguardante l'area e sembra corrispondere soltanto a esigenze immediate, anche di propaganda, da parte della Presidenza della Regione;
2) Per la seconda volta in pochi mesi la zona della rada di Savona - Vado viene indicata come sede di "scarico" quasi di "pedina di scambio" per situazioni di complicata gestione ambientale e industriale: è già accaduta con la vicenda dei "cassonetti" per la diga di Genova che avrebbero dovuto essere costruiti a Prà e poi spostati al solo scopo di contenere la protesta di quel territorio. Pedina di scambio sulla base di iniziative a bassissima intensità di know-how e sicuramente non adeguate alla perdita della SANAC, sia dal punto di vista occupazionale sia della qualità del rapporto esistente con il ciclo siderurgico;
3) Come già evidenziato nel frangente dell'indicazione sulla sistemazione dei migranti la politica dell'amministrazione provinciale di Savona appare del tutto succube alle esigenze elettorali della presidenza e della maggioranza regionale . Questo dato deve essere indicato con chiarezza fuori da ogni remora tattica;
4) Invece di trattare di compensazioni (se si parla di compensazioni è naturale pensare che si cerchi di riparare a danni) serve mettere in piedi subito una politica comprensoriale che riguardi anche la Val Bormida imperniata sul recupero delle aree industriali dismesse al fine di promuovere una ricollocazione di attività ad alto tasso di tecnologia per promuovere attività produttive ad alto tasso di occupazione (come non è avvenuto nel caso dell'area industriale di crisi complessa dove servirebbe un rendiconto preciso del rapporto costi/benefici e dello stato complessivo dell'arte).
Rigassificatore: di che cosa si tratta
I rigassificatori trattano gas naturale liquefatto (in sigla GNL o LNG) trasportato via nave: una volta arrivato negli impianti di rigassificazione, il GNL è ritrasformato in gas e successivamente immesso nei gasdotti del territorio, da cui arriva a centrali termoelettriche a gas, aziende e case.
La nave rigassificatrice Golar Tundra che dovrebbe essere spostata da Piombino a Vado Ligure è stata acquistata da Snam per 330 milioni di euro. Lunga 293 metri e larga 47, è una Fsru (Floating Storage and Regasification Unit), utilizzabile sia come metaniera adibita al trasporto di gas liquefatto sia come impianto di rigassificazione da collocare in un porto per la sua trasformazione Ha una capacità di stoccaggio di 170mila metri cubi di Gnl. La sua capacità di rigassificazione viene invece stimata intorno ai cinque miliardi di metri cubi all'anno, cifra che corrisponde a circa il 6,5% del fabbisogno nazionale di gas.
La rigassificazione è un processo che permette di riscaldare il Gnl fino al punto in cui ritorna allo stato gassoso e può quindi essere utilizzato per i consumi. Il Gnl trasportato dalle navi metaniere, arrivato all’impianto di rigassificazione, viene stoccato alla temperatura di -162°C in appositi serbatoi.
Al termine della fase di riscaldamento controllato, che provoca una naturale espansione del suo volume, il gas viene trasferito dalla nave nella rete nazionale. La Golar Tundra, dotata di un sistema a ciclo aperto, utilizzerà l'acqua marina per riscaldare il gas e successivamente la riscaricherà, con l'aggiunta di 50 chilogrammi di cloro, nel mare.
La situazione italiana
Oltre a quello di Piombino i rigassificatori attualmente attivi in Italia sono tre: uno a terra a Panigaglia (La Spezia) e due in mare, a Livorno e a Porto Viro (Rovigo); quello di Livorno è una FSRU, mentre quello di Porto Viro è un’isola artificiale. Snam possiede il terminale di Panigaglia, oltre ad avere una quota del 49 per cento di OLT Offshore LNG Toscana: è la società proprietaria della FSRU di Livorno, partecipata anche da First Sentier Investors e da Golar LNG.Snam, infine, possiede il 7,3 per cento di Adriatic LNG, la società che gestisce il rigassificatore di Porto Viro: è partecipata da ExxonMobil al 71 per cento e da QatarEnergy al 22 per cento.
Le controindicazioni ambientaliste
Gli aspetti che destano maggior diffidenza sono tre:
1) Gli scarichi idrici. Avendo la necessità di raggiungere bassissime temperature l'acqua rischierebbe di raffreddarsi in maniera eccessiva. Proprio per questo i rigassificatori continuano a farla circolare e a reintrodurla nel mare aggiungendo la quantità di cloro che è servita al raffreddamento;
2) Le emissioni, considerato che le caldaie sono alimentate da gas naturale;
3) L'inquinamento acustico
Sul piano globale
Sul piano globale il metano liquefatto proveniente da varie parti del mondo, prevedendo uno smisurato traffico di navi metaniere nei nostri mari, incremento dell’inquinamento dell’aria e dell’ acqua, rischio di incidenti gravi e ulteriore dipendenza dal sistema delle fonti fossili.
Esistono inoltre Paesi fornitori, come gli Stati Uniti, che producono questo combustibile attraverso processi di estrazione estremamente inquinanti come il fracking, e nessuno ancora parla di monitoraggio delle dispersioni di gas in atmosfera: se non iniziamo a contabilizzare questi impatti negativi all’interno dell’impronta ambientale complessiva del nostro territorio, stiamo semplicemente nascondendo la polvere sotto il tappeto.
Il metano è infatti uno degli elementi maggiormente responsabili del surriscaldamento climatico, e le sue emissioni devono essere progressivamente ridotte fino ad azzerarle, non incrementate realizzando un’infinità di nuove strutture metaniere.