News05 gennaio 2024 17:40

G8, Agnoletto: la Cassazione ribalta l'Appello

Di nuovo in esame il caso dell'intervista rilasciata al Decimonono da Giovanni Calesini

G8, Agnoletto: la Cassazione ribalta l'Appello

Con sentenza resa pubblica il 29 dicembre la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte di Appello di Genova che il 21 novembre 2020  aveva ritenuto che quanto espresso in un’intervista al Secolo XIX il 14 luglio 2011 - nel decennale degli eventi verificatisi in occasione del vertice G8, tenutosi in Genova nelle giornate del 19, 20 e 21 Luglio 2001 - dal dott. Giovanni Calesini, all’epoca vicequestore vicario a Genova, fossero opinioni rientranti nella libertà d’espressione e non costituissero quindi diffamazione nei confronti del dott. Vittorio Agnoletto, all’epoca portavoce del GSF, il Genoa Social Forum . 

La sentenza d’appello, ora cassata dalla Corte di Cassazione - pronunciata da un giudice onorario che aveva sostituito a processo ormai avanzato il magistrato togato al quale era stata affidata la causa - aveva ribaltato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto diffamatorie nei confronti di Vittorio Agnoletto le dichiarazioni rilasciate dal dott. Calesini.

Il dott. Calesini aveva dichiarato che Agnoletto - annunciando che il servizio d’ordine non ci sarebbe stato perché era compito dello Stato di garantire la sicurezza - mandava un segnale ai black-block del seguente tenore: “venite in massa, venite attrezzati, venite tra noi”, e che dunque i black-block, in tal modo, non diventavano infiltrati, ma erano espressamente invitati. 

La Suprema Corte - accogliendo le censure proposte da Agnoletto che era difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida, Dario Rossi e Bruno Cossu -  ha ritenuto totalmente errato il ragionamento svolto dalla Corte d’Appello. A tale proposito ha osservato che allorquando nell’asserito esercizio del diritto di critica da un fatto vero assunto come presupposto si deducono altri fatti che hanno portata diffamatoria occorre verificare la veridicità anche di questi ultimi non potendosi confondere i fatti attribuiti con le opinioni e che comunque la sentenza della Corte d’Appello era del tutto illogica laddove dalla frase  effettivamente pronunciata dall’Agnoletto  “non avremo un servizio d’ordine” aveva tratto la deduzione che lo stesso “aveva incitato alla violenza o di essere colluso con i violenti”. In relazione a quanto sopra la Suprema Corte ha cassato la sentenza e rinviato la causa alla Corte d’Appello di Milano per nuovo esame alla luce dei principi indicati.

com