Roma, Galleria d'arte moderna e contemporanea: è in corso in questi giorni la mostra sul futurismo che viene considerata il perno su cui dovrebbe girare l'asse di una ipotetica egemonia culturale da sinistra verso destra.
Nello stesso tempo di esposizione della mostra, presso il MIC sarà avviato l'iter di proclamazione della Città Capitale della cultura per il 2027: Savona si è candidata a tale ruolo e sarà il caso di ricordare perché esista un nesso diretto tra mostra sul futurismo e candidatura di Savona.
Il futurismo è stato un movimento culturale controverso apparso all'inizio del '900 attraverso un Manifesto firmato da intellettuali di diversa ispirazione e pubblicato dal quotidiano conservatore parigino "Le Figaro" e di cui era il principale esponente Filippo Tomaso Marinetti personaggio eclettico che in effetti ebbe stretti contatti con il fascismo fino ad aderire, poco prima della sua morte, alla Repubblica di Salò.
La "cifra portante" del futurismo era rappresentata dall'impatto diretto della cultura con la modernità identificata con la velocità e la guerra segnalata come "sola igiene del mondo" fornendo di conseguenza un contributo all'interventismo nella prima guerra mondiale e a imprese come quella fiumana: un quadro sostanziale di adesione all'arditismo e al sindacalismo rivoluzionario di Michele Bianchi e Alceste De Ambris (altri protagonisti della scena politica e culturale a Savona negli anno'10), tanto per semplificare.
La riflessione più importante che il futurismo ha portato avanti rimane quella del rapporto con la scienza e la tecnologia: uno spunto che rimane certamente di grandissima attualità.
L'adesione al futurismo coinvolse molte delle giovani leve di artisti, tra cui numerosi pittori; il maggior protagonista fu Umberto Boccioni al quale si affiancarono, insieme ad altri, Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo, Carlo Carrà, Fortunato Depero.
Fin qui però ci siamo limitati ad una esposizione poco meno che scolastica: in realtà il punto sul quale soffermarci è quello riferito proprio al tema, oggi molto di moda, dell'egemonia culturale.
A destra infatti si è considerato il futurismo proprio patrimonio esclusivo soggetto ad una sorta di "damnatio memoriae" da parte della sinistra dominante nel dopoguerra nel campo delle arti, della letteratura, dell'editoria, del teatro e del cinema in virtù dell'esercizio dell'organicità dell'intellettuale di derivazione gramsciana : ma Antonio Gramsci coltivava un pensiero d'avanguardia libero, laico e antidogmatico. Dai suoi scritti traluce un'idea di cultura, intesa come l'espressione più profonda della realtà umana, di pari passo con il suo interesse per l'arte come linguaggio universale e per la ricerca di forme innovative capaci di esprimere progetti rivoluzionari. Un quadro del tutto diverso da una adesione acritica al "realismo socialista" imposto all'arte nel periodo staliniano.
E stato proprio partendo da una interpretazione profonda del pensiero gramsciano che proprio a Savona tra gli anni '70 -'80 partì un progetto di rivalutazione dell'arte futurista sfidando anche con coraggio pregiudizi culturali che apparivano ormai come incistiti nelle abitudini culturali dell'èlite. Una Savona che non poteva dimenticare la presenza, tra gli altri, di Lucio Fontana e Arturo Martini.
Vale la pena ricordare la figura protagonista di questa importante operazione: Stelio Rescio, gallerista animatore del "Il Brandale" centro culturale d'avanguardia e protagonista anche della vita politica non soltanto a livello locale, la figura più importante espressa dal gruppo del "Manifesto" in Città, già responsabile culturale della federazione del PCI.
Stelio Rescio ebbe la capacità di proporre anche a livello istituzionale la prospettiva futurista considerandola parte di una prospettiva di modernità di cui il suo centro culturale era portatore (pensiamo alle mostre sulla poesia visiva e sui "dattilografismi").
Il suo messaggio fu raccolto e l'assessorato alla Cultura del Comune di Savona, retto in precedenza da Dante Luciano e in seguito da Sergio Tortarolo, realizzò importanti mostre sul tema da Acquaviva a Ferrero Gussago.
Si dovettero superare momenti di tensione e di intenso dibattito, poi alla fine il dato di acquisizione del futurismo all'interno della storia culturale della nostra terra fu accettato e valorizzato: come del resto accadde alla ricostruzione del fumetto nel periodo fascista portata avanti da Giovanni Burzio in compagnia - ancora - di Stelio Rescio.
Una impostazione antidogmatica ha accompagnato per un lungo tratto la vita culturale di parte della sinistra savonese :una impostazione portata avanti in un Città fortemente operaia, ma capace di valorizzare "Il libro di latta" di Farfa, altro capolavoro di visione futurista.
E' il caso di ricordare questo percorso nel momento in cui ci si propone, come Città e provincia, di assumere un ruolo di riferimento di dimensione nazionale e sovranazionale: un portato che può essere definito come "storico" ma che deve essere fatto vivere nel presente.
L'egemonia deve stare nel "fatto" culturale e non certo nell'appartenenza di parte, collocandosi sempre dalla parte del futuro.