Cultura02 gennaio 2025 17:00

Fuggire dall'eterno presente

Sembrano tutti (o quasi) convinti che il tempo scorra in un eterno presente dove si cerca di festeggiare per allontanare l'angoscia: quella che stiamo vivendo però è una crisi diversa dove la connessione tecnocrazia/guerra appare davvero come l'iceberg su cui l'umanità balla la sua fine (di Franco Astengo)

Fuggire dall'eterno presente

 

E' svanito il rimando escatologico, la previsione del futuro e il richiamo al passato che potrebbe ancora formare un ponte.

La politica sembra ridotta al "problem solving" e l'improvvisazione si camuffa da pragmatismo.

La sinistra ha bisogno di acquisire coscienza di questo stato di cose e di imporsi fuori dalla pigrizia per cambiare paradigma.

E' richiesto un tale sforzo di rielaborazione cui nessuna generazione è mai stata chiamata, a partire dalla prima rivoluzione industriale e dal sorgere del capitalismo e dall’organizzarsi della classe operaia nei sindacati e nei partiti di massa.

E’ questo, della presa d’atto dell’avvenuto mutamento di paradigma, il senso di una proposta d’analisi che mi sono permesso di definire come del “socialismo della finitudine”.

“Socialismo della finitudine” per ripartire dall’idea dell’impossibilità, rispetto a quello che abbiamo pensato per un lungo periodo di tempo,di procedere sulla linea dello sviluppo infinito inteso quale motore della storia inesorabilmente lanciato verso “le magnifiche sorti e progressive”.

Il primo punto di programma così teoricamente impostato dovrebbe allora essere quello rappresentato dalla progettazione e da una programmazione di un gigantesco spostamento di risorse tale da modificare profondamente il meccanismo di accumulazione dominante.

Oggi il ritorno della guerra come prospettiva globale, il riferimento a innovazioni tecnologiche in grado di mutare il quadro di riferimento sociale, l'emergere di tensioni "dittatoriali" sconvolgono l’assetto consolidato in un momento in cui si stava attraversando una forte difficoltà per quell’accelerazione nei meccanismi di scambio che abbiamo definito come “globalizzazione”.

Si è verificato l’ingresso nel novero delle grandi potenze di nuovi attori politici portatori di diversi sistemi di governo della politica e dell’economia, a partire dalla Cina e guardando anche alla spuria aggregazione dei BRICS in tempi in cui nel post-globalizzazione paiono emergere prospettive di consolidamento in blocchi dell'equilibrio mondiale.

La coscienza della propria appartenenza e la volontà politica di determinare il cambiamento rimangono fattori insuperabili e necessari come motore di qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose.

Attenzione però: lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell'assunzione di una consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri. Da questa consapevolezza tra individuale e collettivo "si realizza la vita d'insieme che è solo la forza sociale, si crea il "blocco storico"" (Gramsci Quaderno 11). Come auspicava Luckas "la coscienza di classe trova il suo superamento nell'universale riconoscimento della propria appartenenza al genere umano".

La coscienza della propria appartenenza deve così sfociare nella convinzione di un'umanità che richiede l'uguaglianza. La volontà politica del"soggetto" va allora impegnata nella ricerca di un socialismo possibile nella forma di un nuovo umanesimo. Un umanesimo socialista posto "contro" il modello di quello realizzato e fallito ma anche oltre forme di socialdemocrazia incapaci di porsi anche soltanto nella semplice prospettiva del riformismo.

Punto di partenza dell'umanesimo socialista: rimanere fedeli ad un'etica della trasformazione in quanto opposizione allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo , dell'uomo sulla donna, di un genere umano che ritiene senza limiti l'antropizzazione della natura.

Va disegnato l' orizzonte di un “Socialismo della finitudine” inteso come valore universale esprimendo l’<wbr></wbr>intenzione di ripartire dall’idea del dover ripensare la teoria della linea dello sviluppo infinito inteso quale motore di una storia inesorabilmente lanciata verso “le magnifiche sorti e progressive”. Socialismo della finitudine” come idea che, nella sua dimensione teorica, riesca a comprendere quanto di “senso del limite” sia necessario acquisire proprio al fine di realizzare quel mutamento sociale posto nel senso del passaggio dall’individualismo competitivo fin qui egemone nella post - modernità verso nuove forme di soggettività collettiva ponendosi l'obiettivo di riuscire a proporre un mutamento di quell'offerta politica che oggi appare così debole e confusa.

Franco Astengo

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